CURIOSITÀ

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Silenzio… parla il Croco

Da clandestino a DOP

IL MIO VIAGGIO IN ABRUZZO


Ho trascorso tutta la mia vita viaggiando incessantemente in lungo e in largo, ma il mio viaggio dalla penisola Iberica all’Abruzzo è stato forse tra i più appassionanti: fu attorno alla prima metà del 1200 che un Padre Domenicano della famiglia Santucci, mi fece varcare i confini della Spagna in modo clandestino.
Dopo la conquista Araba della Spagna e il dominio marittimo dei Saraceni in tutto il bacino del Mediterraneo, la coltivazione dei miei bulbi si è estesa in tutta la penisola Iberica. La Spagna, scoperto rapidamente il mio valore di “oro rosso”, tentò di monopolizzare la mia coltivazione emanando leggi che proibivano l’esportazione dei miei bulbi punendo i trasgressori con pene molto severe, dalla prigione fino alla morte.
Padre Domenico Santucci, all’epoca membro dell’inquisizione ma al contempo appassionato di tecniche e pratica delle coltivazioni, una volta conclusa la sua missione, fece ritorno con un certo numero dei miei bulbi, abilmente celati ai controlli, a “Piana di Navelli”, suo paese natale e luogo suggestivo tra due conche, quella dell’Aquila e quella di Sulmona.

Rapidamente la mia coltivazione si diffuse con successo da Navelli a tutto il territorio aquilano tra cui la fertile vallata di Sulmona dove da Crocus Sativus assunsi il nome di Crocus Sulmonensis. Più tardi la mia coltivazione si estenderà in altre regioni della penisola e per tutta la durata del Medioevo la penisola italica si impone in Europa come uno dei miei maggiori produttori e consumatori.
Ora però da clandestino sono stato promosso in questa Regione al grado di prodotto a “Denominazione di Origine Protetta” (DOP)

NASCE IL “RISOTTO ALLA MILANESE”

A tutti sarà capitato almeno una volta, di gustare il risotto alla milanese, in dialetto meneghino ris giald, il piatto della cucina milanese più tipico e conosciuto anche all’estero. I suoi ingredienti principali, oltre a quelli necessari per preparare un risotto bianco, sono lo zafferano e il midollo di bue. Molto spesso questo risotto è servito anche come accompagnamento all’ossobuco, altro piatto tipico meneghino.
In realtà nel medioevo il risotto allo zafferano era già conosciuto nella cucina araba ed ebraica. Nella penisola italica questa pietanza era già nota col nome di riso col zafran, ma secondo un manoscritto rinvenuto nella Biblioteca Trivulziana, la nascita del risotto alla milanese sarebbe legata al Duomo di Milano: siamo nel 1574.

Il maestro vetraio Valerio di Fiandra, artista fiammingo, è impegnato nella realizzazione delle spettacolari vetrate della Cattedrale. Al suo fianco lavora un assistente chiamato Zafferano. Il motivo di questo curioso soprannome era in relazione all’abitudine del garzone di aggiungere sempre ai propri colori una puntina della pregiatissima spezia per raggiungere effetti cromatici particolarmente brillanti.
Un giorno il maestro, per prendere in giro il vezzo del suo garzone, gli dice che sarebbe finito prima o poi, per mettere lo zafferano persino nei piatti!
Il garzone coglie al volo la provocazione e l’ 8 settembre del 1574 in occasione della festa per le nozze della figlia del maestro Valerio, un po’ per scherzo e un po’ forse, per ripicca, con la complicità del cuoco aggiunge un generoso pizzico di zafferano al riso condito con il semplice burro.
I commensali piacevolmente colpiti dalla vista dei chicchi dorati, gradiscono sia la nota colorata sia l’inedito gusto del piatto, al punto che in pochi minuti fanno scomparire enormi vassoi di risotto…

LA VERGINE DELLO ZAFFERANO

Sapevate che in autunno, a 700 metri di altitudine l’altipiano di Navelli, culla dello zafferano in Italia, in provincia dell’Aquila, si tinge di viola e di rosso, i colori dei miei fiori e dei miei stimmi?
In questo periodo i contadini replicano una tradizione millenaria: verso le ultime ore della notte, prima che il sole riscaldi troppo l’aria, donne e uomini percorrono i campi cogliendo con garbo i miei fiori per poi separare manualmente, con delicatezza, i miei stimmi recisi con l’unghia ed essiccati nello stesso giorno della raccolta.
Qui a Navelli sopravvive ancora il culto nei miei confronti come segno di riconoscenza per aver portato fortuna a quest’area e anche a quella dei vicini centri di Camporciano, San Pio delle Camere e Prata D’Ansidonia.
Pochi però sono a conoscenza del fatto che proprio nel paesino di Civitaretenga, in aperta campagna, esiste una deliziosa chiesina dedicata alla Madonna Rossa dello Zafferano, oggi Madonna dell’Arco, alla cui figura sacra è legata una tenerissima leggenda:
si narra che una volta, un pittore viandante e squattrinato, passando per questo paesino, trovandosi nella necessità di pernottare in una bettola del luogo ma non potendo pagare l’alloggio, fu ospitato per generosità dell’oste, nella stalla.
Nel cuore della notte, la Madonna apparve in sogno al povero artista chiedendo
per sé un ritratto.
L’uomo, folgorato dalla magnificenza della Bella Signora, volle ritrarla con quel meraviglioso sorriso. Accortosi però di non avere i colori, salì nella taverna al piano di sopra e, preso dello zafferano dalla cucina, scese e disegnò di getto la figura della Madonna sul muro della stalla.
Questo avvenimento portò alla nascita della chiesina al posto della stalla e, grazie all’immensa fede della gente dell’altopiano, ebbe inizio il profondo culto per la “Vergine dello zafferano” il cui ritratto è custodito all’interno.


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